Abusi edilizi e compravendite, anche l’acquirente è responsabile

Abusi edilizi e compravendite, anche l’acquirente è responsabile

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4134 del 28 maggio 2021, chiarisce le responsabilità degli acquirenti di immobile in cui sono riscontrati abusi edilizi. Il caso riguarda illeciti realizzati in un fabbricato in difformità dalla concessione edilizia, in particolare la trasformazione del garage in una civile abitazione. Per tali illeciti, il Comune aveva respinto l’istanza di sanatoria edilizia e ordinato la rimozione delle opere.

L’attuale proprietario aveva proposto ricorso contro tali atti amministrativi, sostenendo la sua assoluta buona fede circa la ritenuta conformità tra l’unità immobiliare acquistata, titolo edilizio e parametri urbanistico-edilizi di riferimento, per il fatto di non aver compiuto l’abuso, commesso invece dal costruttore.

Giunta la causa in appello, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso. Poiché risulta evidente che nel fabbricato in questione le unità immobiliari adibite ad abitazione erano – rispetto a quelle disegnate nelle tavole progettuali – una in più del previsto e che l’unità immobiliare aggiuntiva era proprio quella del ricorrente. Stando alle tavole progettuali, in relazione alle quali s’era originariamente formato il permesso di costruire – in luogo dell’unità immobiliare aggiuntiva vi sarebbe dovuto essere un garage, dotato di apertura per il passaggio di veicoli da e per la pubblica via.Abusi edilizi, il decorso di tempo non osta alla demolizioneAbusi edilizi, la norma successiva alla realizzazione non ostacola il condono

Non è ammissibile l’ignoranza dell’esistenza di un abuso

La sentenza si basa sul consolidato orientamento secondo il quale risponde di un abuso edilizio non soltanto il suo diretto autore ma anche chi si rende acquirente dell’immobile che ne è affetto, derivandone la proprietà, anche per passaggi successivi, dall’originario autore del detto abuso. Non è ammissibile che l’ignoranza dell’esistenza di un abuso faccia premio ed assolva rispetto ad una qualunque tipologia di abuso, anche piuttosto evidente e marcato.

Tanto più che, nel caso in esame, non è possibile parlare di buona fede dell’acquirente per il semplice fatto che lo stesso neanche ha tentato di affermare o provare di aver preventivamente fatto tutto quanto era nella sue possibilità per sincerarsi che il bene immobile oggetto di compravendita fosse realmente conforme al bene immobile progettato ed assentito (così come progettato) dal Comune.

Compravendite e abusi edilizi, nessuna attenuante in caso di certificato di abitabilità

Né attenua un tale rilievo il fatto che il bene immobile risultasse dotato di certificazione di abitabilità. Dato che un conto è la conformità di un immobile ai parametri da rispettare, anche a fini sanitari, per poterlo abitare. Un altro e diverso conto è invece la conformità dello stesso immobile ai parametri urbanistico-edilizi vigenti.

Respinto anche il motivo per cui il garage non era mai venuto alla luce. Giacchè fin dai tempi dell’edificazione al suo posto avevano realizzato un’unità immobiliare destinabile a civile abitazione. Per valutare la legittimità o meno di un’opera dal punto di vista urbanistico-edilizio occorre prendere in considerazione non solo la fisica consistenza dell’unità immobiliare in un periodo anteriore ad una sua eventuale immutazione morfologica e di destinazione. Ma anche, e soprattutto, quello che si evince dalle tavole di progetto sulla cui base hanno rilasciato l’originario permesso di costruire.

Ripristino impossibile o con grave rischio per la statica

Confutata anche l’asserita impossibilità del ripristino del locale garage, né ricorre, secondo i giudici, un rischio per la statica dell’edificio, dato che le pareti interne all’unità immobiliare in questione non sono portanti (e, dunque, sono rimuovibili). Come non è portante la parete in cui andrebbe creata l’apertura occorrente per ricostituire la porta di accesso da e per il locale garage (una volta ripristinato).

La sentenza ricorda che, una volta accertato l’abuso, è naturale che l’ente locale persegua la riduzione in pristino, costituente la soluzione riparatoria primaria. E rispetto alla quale quella dell’irrogazione di una mera sanzione patrimoniale amministrativa funge da succedaneo quando la detta soluzione fosse materialmente impossibile ovvero possibile. Ma a grave rischio di conseguenze severe della statica dell’immobile ove il ripristino andrebbe effettuato.

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